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può ben immaginare, questa strada era costosa e non a
tutti accessibile (f ig. 45, 46).
8° periodo - Dall’8.9.1943
alla firma del Trattato di pace
(Parigi, 10.2.1947)
Storia
Alla notizia dell'armistizio (giunta alla stazione radio
di Pechino) le navi italiane si comportarono in confor-
mità agli ordini trasmessi da Supermarina (Roma):
autoaffondamento, distruzione degli archivi e consegna
degli equipaggi in caserma in attesa di ulteriori istru-
zioni.
Nelle acque di Shanghai si autoaffondarono pertanto il
Carlotto ed il Lepanto (e così pure il piroscafo Conte
Ve r d e ) mentre il Calitea II fece lo stesso a Kobe (nel
1944 queste navi furono rimesse a galla dai giapponesi
ed il Carlotto prese il nome di Narumi, il Lepanto il
nome di Okitsu ed il Conte Verde il nome di Kotubi
Maru). In base agli ordini, gli equipaggi di queste navi
si rifugiarono a Shanghai nella caserma del “San
Marco”. Riuscì invece a fuggire la nave Eritrea che si
diresse verso Ceylon per consegnarsi agli inglesi.
Mentre succedevano questi fatti i giapponesi avevano
circondato in forze tutti i distaccamenti italiani inti-
mando la resa delle armi. La situazione per i nostri
militari stava quindi volgendo verso una dura prigionia
quando, il 18 settembre, arrivò la notizia del discorso di
Mussolini da Radio Monaco dove annunciava la nasci-
ta della R.S.I.
Questa nuova situazione consentì ai giapponesi di
porre un ultimatum ai nostri soldati: o con la R.S.I. o
prigionieri.
Forse a causa della grande lontananza dalla madrepa-
tria e della consapevolezza di cosa avrebbe signif icato
la prigionia sotto i giapponesi, quelli che scelsero la
strada della prigionia furono molto pochi.
A Shanghai furono infatti solo 29 quelli del “San
Marco” che rifiutarono di aderire alla R.S.I.; per loro e
per gli equipaggi delle navi si aprì pertanto la strada
della prigionia in un campo coreano (secondo i giappo-
nesi, con l'autoaffondamento delle navi, gli equipaggi
avevano già manifestato la loro scelta).
A Tien-Tsin, su 202 presenti furono invece 34 quelli
che rimasero fedeli al Re; anche per questi, natural-
mente, la sorte fu quella della prigionia più dura.
L'internamento avvenne prima nella stessa Tien-Tsin
(fino al marzo 1944) e poi nei campi di Kiang-wan
Fig. 45 - Telegramma di un marinaio della “Lepanto” spedito da Shanghai a Vercelli; giunto in data 3.8.1943.
Salvo eccezionali instradamenti con navi o sommergibili, il servizio telegrafico era l'unica strada
per comunicare con l'Italia dopo lo scoppio della guerra tra la Russia e la Germania e conseguente chiusura
della via della Siberia attraverso la ferrovia “Transiberiana”.
pm 93.qxp