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TRATTAMENTO DEI PRIGIONIERI
Tutte le guerre, da sempre, hanno determinato condi-
zioni di prigionia. Nell’antichità i vincitori si compor-
tarono in modo a volte generoso ed a volte crudele.
Giulio Cesare, ad esempio, trattò i prigionieri in
entrambi i modi. Filippo, Pirro ed Alessandro furono
invece generosi. Diceva Pirro: “prendeteli senza riscat-
to, è da soldato e non da mercante che faccio la guer-
ra”. Il Cristianesimo diffuse altre idee di fraternità, f ino
ad allora sconosciute : “quando un nemico non è più
pericoloso diventa un uomo, un fratello infelice che ha
diritto al rispetto di tutti”. Questi principi però, che in
seguito furono alla base dei diritti delle genti, impiega-
rono secoli a prevalere. Nel Medio Evo gli stessi cri-
stiani, entrati in Gerusalemme nel 1099, uccisero tutti
gli abitanti, senza distinzione di età o di sesso.
Prevaleva la crudeltà, che veniva solo in parte mitigata
dalla avidità di farsi pagare un riscatto. Nel XVII seco-
lo il fanatismo religioso nella guerra dei trent’anni fu
pari a quello delle crociate. Nel 1625 Grozio scrive il
De Jure Gentium e per primo stabilisce le leggi della
guerra, limita i diritti del vincitore, stabilisce quelli del
vinto, respinge il massacro ma ammette ancora la
schiavitù dei prigionieri e dei loro discendenti. Nel
1758 Vattel nel suo “Le Droit De Gens” non ammette
che i prigionieri siano indotti in schiavitù. Nel trattato
dell’ Aia del 1765 Prussia e America sanciscono per la
prima volta principi umanitari sul trattamento dei pri-
gionieri. Fu solo nella Conferenza di Parigi del 1867
che si parlò per la prima volta di un accordo interna-
zionale sul trattamento da riservare ai prigionieri di
guerra. Se ne trattò più ampiamente nella Conferenza
dell’ Aia del 1899 ma ci volle la I guerra mondiale per
indurre il Comitato Internazionale della Croce Rossa
ad adoperarsi per la compilazione di un trattato esplici-
tamente dedicato ai prigionieri di guerra, che venne
ratificato a Ginevra il 27 luglio 1929.
CONVENZIONE DI GINEVRA
L’ articolo 2 stabilisce che : “I prigionieri di guerra
sono in potere della potenza nemica e non degli uomi-
ni o dei reparti che li hanno catturati. Essi devono esse-
re trattati con umanità e devono essere protetti partico-
larmente contro gli atti di violenza, gli insulti e la
curiosità pubblica”.
Il prigioniero, appena catturato, ha l’obbligo, se inter-
rogato, di riferire il proprio nome, grado e numero di
matricola e non è assolutamente tenuto a rispondere a
domande sulla situazione delle proprie forze armate o
del proprio paese.
L’ articolo 6 stabilisce che il prigioniero deve restare in
possesso di tutti i propri oggetti personali, così come
dei documenti di identità, delle insegne di grado, delle
decorazioni e degli oggetti di valore e del denaro, che
può essergli conf iscato solamente per ordine di un uff i-
ciale e dietro rilascio di una ricevuta.
I prigionieri devono essere evacuati al più presto dalla
zona di guerra e non devono essere posti in pericolo; se
il trasferimento avviene a piedi non devono essere per-
corsi più di 20 Km. al giorno, a meno che non si debba
raggiungere qualche posto di rifornimento viveri.
Gli articoli da 9 a 26 trattano le caratteristiche che i
campi di prigionia devono possedere .
L’ articolo 9 stabilisce che : “I prigionieri di guerra
potranno essere internati in una città, fortezza o locali-
tà qualsiasi con l’obbligo di non allontanarsi dai limiti
a loro concessi. Essi potranno essere anche internati in
campi cintati ma non potranno essere rinchiusi o con-
segnati se non per indispensabili misure di sicurezza o
di igiene e soltanto per la durata delle circostanze che
richiedono l’applicazione di dette misure. I prigionieri
catturati in zone malsane, o nelle quali il clima è perni-
cioso per gente che proviene da zone temperate, saran-
no trasportati, appena possibile, in luoghi di clima
migliore. I belligeranti eviteranno il più possibile di
riunire nello stesso campo prigionieri di razza o di
nazionalità differente”.
L’articolo 10 stabilisce che: “I prigionieri di guerra
saranno alloggiati in baraccamenti o caseggiati che
offrano tutte le garanzie possibili di igiene e salubrità.
Fig. 2 - Parte posteriore di una cartolina di cattura con
frasi prestampate, redatta dagli inglesi e spedita da un
militare italiano internato in India nel campo N°6.