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nieri di guerra in mano francese e sovietica ebbero un
trattamento pessimo sotto tutti gli aspetti.
I prigionieri di guerra in mano agli anglo-americani
ebbero un trattamento materiale, in linea di massima,
conforme alle norme internazionali, specialmente da
parte degli americani; il trattamento morale invece
lasciò alquanto a desiderare e non mancarono casi ecla-
tanti di restrizioni e maltrattamenti. Dopo l’armistizio,
stando all’articolo 75 della Convenzione di Ginevra, i
governi dei paesi coinvolti avrebbero dovuto cercare un
accordo riguardo ai prigionieri e provvedere con solle-
citudine al loro rimpatrio; ma ciò avvenne solo per
65.000 soldati siciliani rimandati alle loro case dopo la
liberazione dell’isola.
Il 13 ottobre l’Italia dichiarò guerra alla Germania gua-
dagnandosi così lo stato di co-belligerante. Nel novem-
bre furono ricostituite le Forze Armate italiane con lo
scopo di fornire il maggior aiuto possibile agli alleati.
Questi però preferirono utilizzare il lavoro dei prigio-
nieri in loro possesso, molto più comodo e semplice.
Le prime unità ausiliarie italiane nacquero in India a
Jaipur e poi anche a Ceylon, già nell’ottobre 1943.
Ad aprile 1944 ai prigionieri italiani in mano agli
anglo-americani venne imposto di scegliere da quale
parte schierarsi: accettare la cooperazione significava
offrirsi volontari per eseguire anche quei lavori diretta-
mente connessi con lo sforzo bellico, ed essere inqua-
drati in battaglioni di lavoro, divisi in compagnie di
circa 250 uomini ciascuna. Si può dire che circa il 90%
dei prigionieri italiani venne inquadrato in unità di
lavoro in qualità di cooperatori effettivi o all’ interno
dei campi di prigionia, mentre il restante 10% non
venne impiegato perché ritenuto non idoneo al lavoro o
perché di fede fascista.
Nell’estate del 1944, in Germania, fu offerto ai prigio-
nieri italiani la possibilità di assumere un rapporto di
lavoro civile; solo un terzo di loro scelse di modif icare
le propria posizione, gli altri ne vennero obbligati.
Le autorità francesi invece non operarono una distin-
zione fra cooperatori e non cooperatori ma costrinsero
tutti i prigionieri italiani a lavorare. L’impiego in Nord
Africa di questi uomini fu attuato direttamente da enti
militari o civili.
In conclusione, se si considera che ogni tipo di lavoro
svolto dai prigionieri,
anche quello agricolo,
costituiva un aiuto allo
sforzo bellico alleato,
permettendogli di chia-
mare alle armi un
numero maggiore di
propri cittadini, si può
affermare che l’articolo
31 della Convenzione
di Ginevra (che proibi-
Fig. 10
Cartamoneta
da 10 cent. in uso
nei campi dell'East Africa.
Fig. 11 - Libro paga
redatto dagli inglesi
ed utilizzato per i pri-
gionieri italiani in
Sud Africa.